L’imposta di registro è un tributo richiesto dallo Stato per la registrazione di determinati atti. Poiché è commisurata ai valori espressi nell’atto, in alcuni casi può risultare onerosa.
Cominciamo col dire che l’imposta di registro è un’imposta indiretta: questo significa che non si applica alla ricchezza prodotta, ma a quella trasferita.
Se quindi l’Irpef, che è la principale imposta diretta per le persone fisiche, colpisce i redditi prodotti in un determinato anno, le imposte indirette come quella di registro si applicano invece ai trasferimenti di valore, come gli acquisti.
L’imposta di registro si paga a fronte della registrazione di un atto scritto (come un contratto, una scrittura privata, la costituzione di un ente o di una società, una sentenza, un decreto etc.) presso un registro pubblico, tenuto presso l’apposito ufficio dell’Agenzia delle Entrate.
L’obiettivo della registrazione è che la data dell’atto venga annotata ufficialmente e che il suo contenuto, essendo stato depositato, non possa più essere modificato.
Che sia obbligatoria per legge o effettuata per libera scelta delle parti che sottoscrivono l’atto, l’operazione della registrazione determina sempre un’imposta di registro.
Tra gli atti soggetti a registrazione obbligatoria rientrano:
- i contratti di locazione
- il trasferimento di immobili tra privati
- il trasferimento di immobili destinati a prima casa
- il trasferimento di terreni, anche quelli non edificabili ad imprenditori agricoli
- la cessione e la locazione di aziende
- la locazione di beni mobili
Imposta di registro: calcolo e a quanto ammonta
In generale l’imposta di registro si calcola sulla base del valore dell’atto, ovvero degli importi in esso riportati.
A seconda dei casi, l’imposta viene conteggiata:
- applicando un’aliquota percentuale
- in misura fissa, secondo le tariffe previste dalla legge.
La base imponibile, ovvero la cifra su cui viene calcolata l’imposta, varia a seconda della natura dell’atto.
Entriamo più nel dettaglio, analizzando il caso più ricorrente, il pagamento dell’imposta in seguito all’acquisto della prima casa.
Il contratto di acquisto della prima casa rientra nei “contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti” citati all’articolo 43 del Testo unico del 26 aprile 1986 n. 131.
Come specificato dalla normativa, in questo caso l’imposta di registro ordinaria ammonta al 9%, applicato su una base imponibile corrispondente al valore catastale dell’immobile.
È possibile però accedere all’agevolazione prima casa e pagare un’imposta del 2% se sussistono le seguenti condizioni:
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l’immobile deve essere acquistato da un privato o da un’azienda che vende in esenzione IVA
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l’acquirente non deve possedere un altro immobile acquistato con la stessa agevolazione o, se lo possiede, deve venderlo entro 12 mesi dal nuovo acquisto agevolato
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l’acquirente deve avere la residenza nel Comune in cui si trova la casa (oppure trasferirla entro 18 mesi dall’acquisto)
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l’abitazione non deve essere classificata come signorile (categoria catastale A/1), in villa (categoria catastale A/8), castello o palazzo di eminente pregio storico e artistico (categoria catastale A/9)
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato una guida dettagliata con le imposte e le agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima casa. Puoi leggerla qui.
Per altri approfondimenti, leggi gli articoli del nostro blog: www.agenziaarcadia.it/categorie/faq/
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